Quando la Fondazione Royaumont mi ha offerto questa possibilità, mi sono chiesto fosse la differenza profonda tra un brano di musica e un’installazione. In fondo entrambe sono una successione di eventi sonori: indipendentemente dal tipo di musica e dal materiale con cui essa è costruita, potremo aggrapparci durante l’ascolto a delle sinestesie, a dei materiali connotati, a dei profili, insomma a dei “personaggi” che arrivano, vivono e raccontano una storia. Seguendo questa narrazione, mai detta ma solo suggerita, prima o poi il pezzo arriverà alla fine.

E’ qui che io noto una differenza profonda tra un pezzo di musica e un’installazione: in quest’ultima manca la dimensione del tempo nel suo rapporto con la fine. Tutto recupera una dinamica più umana, gli eventi sonori rivendicano un rapporto ecologico con la dimensione temporale: qualcosa succede senza sapere se succederà qualcos’altro, senza che nessun materiale si arroghi il compito di scolpire una forma, cioè di trasmettere la sensazione della fine. Se un’installazione è diffusa di continuo, allora il concetto di fine perde di rilevanza: la musica non finisce mai, i personaggi arrivano, scompaiono, poi ritornano, per riprendere il loro ciclo. Un po’ come le persone: oggi nessuno può scomparire, si riesce al massimo a decidere di nascondersi dalla ribalta della vita di una persona.

Questa visione ecologica del tempo in un’installazione musicale da ascoltare passeggiando ha suggerito in me anche la scelta delle tipologie di materiali da utilizzare. Influenzato anche dal fascino del chiostro dell’Abbazia di Royaumont, l’installazione sarà un’amplificazione di ciò che naturalmente si ascolta in quel luogo, quasi come se gli altoparlanti amplificassero l’area circostante. Poi, i suoni dei flauti di Keiko Murakami: come il vento può colorarsi di un profumo, così una scia di suoni eterogenei può colorarsi di un timbro, può creare dal generico una texture specifica.

Se magari un giorno questa installazione avrà la fortuna di essere rimontata in un altro luogo, l’effetto sarà allora surreale, perché una stanza parlerà di un’altra stanza. Un dispositivo di captazione in tempo reale di alcuni eventi porta un parametro in più a ciò che è previsto dalla musica su supporto; l’interattività con il pubblico rende il tutto un po’ più instabile, imprevedibile: così ogni ascoltatore può decidere se apparire, e far succedere qualcosa, sparire, per mettere fine alla sua esperienza, o se nascondersi, per vedere senza condizionare gli eventi cosa succede a un giardino quando dei suoni s’impossessano di uno spazio.

Créer une installation pour ce cloître, c’est convoquer la magie qui existe déjà entre les pierres de l’Abbaye et le vert de ses jardins.

Sans rien faire, les chants des oiseaux constituent une installation naturelle permanente ; le bruit du vent sur les arbres, les jeux d’écho des voix, la réverbération de nos pas colorent encore plus ce que le lieu nous apporte déjà naturellement.

Voici donc le sens premier de cette installation: amplifier la dimension sonore qui existe déjà.

Le titre de ce travail vient des dynamiques des matériaux et des dynamiques qui s’instaurent avec le lieu, de la mimesis entre le monde réel et certaines couches enregistrées, les autres sons, ceux des flûtes, qui animent l’espace avec leur présence, leur absence, leur mouvement.

Le monde sonore de la flûte nous parle des images que nous voulons imaginer ; le temps perd ici son importance. Vous qui êtes en train de vous promener dans le jardin et les allées du cloître, essayez d’en éprouver la dimension holistique : vous et ce lieu, vous et ce lieu, rien d’autre.

Promenez-vous, écoutez la manière dont la perception de la musique change si vous changez de position ; chaque haut-parleur vous dira les mêmes choses, mais d’une manière différente, avec des temps différents.

La tentation de déstabiliser cet environnement sonore homogène est grande. Alors, un autre univers sonore se superpose, plus dur, plus sec, plus fort.

C’est comme dans la vie de tous les jours, l’équilibre est seulement un état théorique, loin du réel.

Je ne sais pas où se dirigera votre attention, vers quel type de son, vers quelle partie de l’espace. Il y a des choses qui ne sont pas contrôlables, c’est normal. D’ailleurs c’est vous qui vivez cette installation. Moi, j’espère seulement pouvoir me faire le passeur d’un moment de bonheur.

Je remercie de tout cœur l'équipe de la Fondation Royaumont, de La Muse en Circuit et les musiciens qui m'ont aidé à la réalisation de ce projet: la création est l'effort de plusieurs âmes vers un seul objectif.